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Trovare un partner dopo i 40 - parte 2 - i soldi

IL DIVERSO ATTEGGIAMENTO DI FRONTE AL FALLIMENTO DELL’UNIONE

Dall’esperienza professionale, emerge la differenza netta di atteggiamento degli uomini e delle donne di fronte al fallimento del rapporto matrimoniale o di convivenza.
Nel senso che, in genere, la donna vive la crisi di coppia in senso molto più profondo e sofferto dell’uomo.
Ciò sia, allorchè il termine del rapporto derivi dalla impossibilità di proseguire la vita insieme (un compagno violento od aggressivo, diseducativo per la prole, senza volontà di lavorare ed accudire alla famiglia, dedito al gioco e simili).

fallimento del matrimoniio

Sia allorchè, più semplicemente, sussista una relazione extraconiugale dell’uomo, che renda impossibile, quantomeno per dignità, di proseguire la vita assieme.
Va detto, tuttavia, che prima di arrendersi all’evidenza dei fatti, la donna, in genere, tenta in tutti i modi di salvare il matrimonio o la convivenza, e quando si arrende, lo fa con estrema sofferenza e dolore. 
Un distinguo deve essere fatto, allorchè invece, l’unione venga a cessare, per il desiderio della donna di iniziare un rapporto con un nuovo compagno.
Ciò avviene, normalmente nei casi in cui il rapporto si affievolisce e poi termina per la caduta di stima da parte della donna per il coniuge, e contestualmente per l’inizio di una nuova storia al di fuori del matrimonio.
In questi casi la donna chiede la separazione, dopo aver realizzato le proprie aspettative, con la conoscenza di un altro possibile partner ed aver iniziato una nuova relazione con questo, relazione considerata sufficientemente stabile e caratterizzata da un possibile futuro.
Poiché a differenza dell’uomo, l’universo femminile non contempla una promiscuità di rapporti, se non per il periodo strettamente necessario ad operare una scelta, l’inizio di una nuova storia comporterà la decisione di presentare il ricorso per separazione al Tribunale.
E’ interessante notare che, in questa ipotesi, allorché la donna decida di rivolgersi all’avvocato per proporre il ricorso, essa è ben disponibile ad effettuare concessioni sul piano pratico ed economico al proprio coniuge, pur di giungere rapidamente ad una separazione consensuale, portando con sé il retaggio storico del senso di colpa, per aver interrotto l’unione con una nuova relazione.
Senso di colpa che non sussiste quasi mai nell’uomo, allorché la responsabilità del fallimento dell’unione ricada su di lui.
In realtà, così facendo, la donna finisce con il pregiudicare gli interessi propri e dei figli. 
Infatti rinunciare all’assegnazione della casa in presenza dei figli o, ad un adeguato assegno di mantenimento per costoro, pur di definire subito la separazione, costituiscono scelte, delle quali ci si pentirà amaramente in seguito, e peraltro pregiudicando diritti che non riguardano tanto l’interessata, quanto proprio i figli conviventi, anche perché, come vedremo, si tratta di diritti che nulla hanno a che fare con l’eventuale addebito della separazione. 
Del tutto diversa è la situazione in cui l’unione fallisce allorché viene scoperta una relazione del proprio compagno che rende impossibile la prosecuzione del rapporto.
Anche in questi casi in genere la separazione viene proposta dalla donna, la quale non intende rimanere in situazioni ambigue all’interno della stessa casa, mentre non infrequentemente l’uomo richiede in queste situazioni, di vivere “separati in casa”.
Simili richieste, che non vengono mai accettate dalla donna, in genere vengono giustificate dal compagno, con il tentativo di evitare gli ingenti costi di una separazione, o con l’inopportunità di una separazione in presenza di figli ancora in tenera età o simili. 
L’interruzione del rapporto, in queste situazioni, non infrequentemente, viene vissuta dalla donna in maniera estremamente angosciosa. 
Sopravvengono stati confusionali, apatia, rabbia nei confronti di chi ha sottratto il compagno, una caduta di autostima per non essere riusciti a mantenere il rapporto, frequentazione di psicologi continuandosi a tormentare sui motivi e sulle ragioni che hanno portato al fallimento dell’unione, tutte situazioni che vengono vissute in modo fortemente traumatico.
A ciò si aggiunge, stante il fatto che tali separazioni, da abbandono, colpiscono donne in età non più giovanile, la paura di rimanere senza un compagno, un quadro della propria vita futura nero, la paura di rimanere esposta soltanto a storie future superficiali e così via.
La caratteristica di tali fallimenti, è che la donna si pone sempre in posizione di paragone con la nuova partner del compagno.
Le frasi del genere “cosa ha lei che io non ho” e simili, sono l’espressione della mentalità femminile, mentre nessun uomo, di fronte all’abbandono della donna per un altro partner si metterebbe mai in posizione di competitività con il nuovo arrivato, comunque non sul piano fisico o personale, ma al massimo sotto il profilo del diverso successo in campo lavorativo, o del maggiore reddito, tenuto conto della diversa importanza che l’uomo attribuisce a tale aspetto della vita.
Ovviamente l’altro motivo preponderante che crea uno stato di malessere estremamente grave nella donna che perdura anche per lunghi periodi, è il fatto che questa attribuisce, a differenza dell’uomo, al rapporto sentimentale ed alla stabilità dell’unione una importanza molto più rilevante, di quanto in genere ne attribuisce l’uomo, e quindi il fallimento dell’unione costituisce quasi il fallimento della propria vita.
A ciò si aggiunga la difficoltà di ricostituire una famiglia e di trovare un partner affidabile superata l’età giovanile, la sensazione di aver perso la capacità di sedurre, tutti fatti che pregiudicano in modo rilevante la serenità delle donne, con un carattere non sufficientemente forte per far fronte alla nuova realtà, e che finiscono molto frequentemente dallo psicologo o dallo psicoterapeuta per riacquistare l’autostima e la serenità.
Invero lo stesso fenomeno, ma in misura estremamente minore, si ravvisa anche tra gli uomini, con minori difese, di fronte alla perdita della compagna, i quali talvolta si rifugiano nell’abuso di alcool.
In realtà, fermo restando che la separazione comporta un cambiamento radicale delle proprie abitudini, ciò nonostante va evitato sicuramente di passare il tempo in vuote e dannose elucubrazioni, e tantomeno di piangersi addosso, mentre è necessario prendersi un periodo di riflessione, senza cercare di ripristinare immediatamente una nuova relazione sentimentale, qualunque essa sia, quasi a voler collaudare la immutata capacità di sedurre. 
Ciò al fine di organizzare ex novo la propria vita, comprendere le nuove esigenze, frequentare vecchie e nuove amicizie e, a poco a poco, il trauma che sembrava impossibile da superare, svanirà semplicemente.

UOMO SEPARATO, UOMO ROVINATO

E’ certamente indubbio quale delle due parti, in un processo di separazione, venga maggiormente penalizzata dai provvedimenti previsti dalla normativa.
Nel nostro studio legale, scherzando, e se le circostanze lo consentono, quando si presenta un uomo chiedendo di attivare il processo di separazione, il primo consiglio che forniamo è di passare dal fioraio, comprare un adeguato mazzo di rose e tornare a casa dalla moglie; l’alternativa è di perdere i figli, casa e danaro.
A parte la battuta, è una realtà come, in presenza di figli, l’uomo esca dal processo di separazione in modo a dir poco disastroso.
Infatti, al di là della responsabilità nel fallimento dell’unione, i figli dopo la pronuncia di affidamento condiviso, vengono collocati presso la madre (statisticamente in oltre il 90% dei casi), residuando al padre il mero diritto di visita e di averli con sé due volte a settimana, un week end alternato all’altro, per metà delle vacanze scolastiche natalizie e pasquali, e 15/20 giorni in estate.
Tuttavia la vera catastrofe giunge con i provvedimenti sulla ex casa coniugale, che viene assegnata alla moglie con quanto in essa contenuto e con conseguente estromissione del marito; il quadro si completa tragicamente con l’obbligo di partecipare al mantenimento della prole (ed ove la moglie non sia autonoma economicamente anche al suo mantenimento), con una somma che, per redditi normali falcidia dal 30% al 50% della retribuzione.
Soprassediamo sulle situazioni in cui vi sia ancora un mutuo da pagare o sulle rate dell’autovettura.
In queste condizioni, un soggetto portatore di un reddito di 1.200/1.800 euro, al quale in precedenza si aggiungeva il reddito della moglie, si troverà improvvisamente povero, e non solo impossibilitato a sostenere il pregresso tenore di vita, ma anche semplicemente a condurre un’esistenza dignitosa.
Egli non riuscirà né a far fronte ad un canone locativo per un’altra abitazione, ma neanche alle rate per un elettrodomestico.
Riportiamo a titolo di esempio l’importo medio mensile del contributo economico versato per i figli, accollato dai Tribunali agli ex mariti, rilevato nel 2006 (dati pubblicati dall’Istat in tema di separazione e divorzio).

SEPARAZIONE

1 figlio                                                  € 414,38
2 figli                                                    € 529,41
3 o più figli                                            € 753,99

DIVORZIO

1 figlio                                                  € 388,02
2 figli                                                    € 571,58
3 o più figli                                            € 687,62

Poiché il primo problema è quello di trovarsi un’abitazione, i maschi con un reddito sufficientemente elevato, provvederanno alla locazione di un alloggio di modeste dimensioni, mentre quelli con un reddito minore, torneranno sistematicamente nell’abitazione dei genitori (un separato su 5) o si faranno ricoverare da altro parente prossimo o amico.
Eventuali ritardi nel pagamento del mantenimento verranno subito sanzionati dal legale della ex moglie con un pignoramento della retribuzione o del conto in banca (il che comporterà in più, l’annotazione presso le varie centrali dei rischi, come soggetto non affidabile, con l’inibizione per poter accedere a qualsiasi forma di mutuo o finanziamento) o ancora chiederanno al giudice l’accollo del mantenimento direttamente a carico del datore del lavoro.
Quanto ad eventuali nuovi menage sentimentali, costoro (gli ex mariti), memori delle conseguenze catastrofiche del precedente matrimonio, e soprattutto delle implicazioni economiche, resteranno molto guardinghi, anche perché gli uomini a differenza delle donne, non sentono in genere alcuna necessità di ricrearsi una famiglia.
Pur disponibilissimi a rapporti fisici, (e questo è un interesse che perdura anche in età avanzata), sono poco inclini a formalizzare una nuova unione, ma al più un rapporto di convivenza, tenuto conto peraltro, in una visione utilitaristica, che l’alloggio dell’altra partner può costituire un rifugio ed una soluzione, per non sobbarcarsi più il canone locativo di una casa, (ed in tal senso le donne separate devono prestare molta attenzione a non immettere nell’abitazione un aspirante compagno, sia per non perdere l’assegnazione della casa, ove questa sia di proprietà dell’ex coniuge ex lege n.54/06, sia perché poi la procedura per liberare l’alloggio è lunga e costosa).
Sotto tale profilo va detto che gli uomini separati, hanno più probabilità di trovare una nuova anima gemella, da un lato in quanto non hanno precedenti impegni familiari, (mentre le donne sono limitate dal peso dei figli), dall’altro perchè la loro “forbice” spazia da donne in giovane età, fino a persone mature.
Di contro le donne separate ricercano eventuali nuovi compagni in una fascia di età molto più ristretta, a partire dalla propria in poi, non sentendosi in genere protette da un uomo molto giovane e quindi operano la ricerca su un campione di età molto più ristretto.
Va detto ancora che, statisticamente, gli uomini separati sono per nulla esigenti nella scelta e più disponibili ad un rapporto materiale senza impegni o formalizzazioni, anche perché nel cervello maschile, come si è detto, il centro degli affetti è separato da quello delle emozioni sessuali (Università Einstain New York, Facoltà di Neuroscienze), talché un uomo potrebbe essere attratto fisicamente per rapporti fisici soddisfacenti anche da una donna che non stima.
Tuttavia il vero problema della maggior parte degli ex mariti separati, non è tanto quello sentimentale, quanto quello della sopravvivenza.
E’ un fatto che un soggetto, il quale in precedenza godeva di un tenore di vita normale, (si calcolano a Milano e provincia gli uomini separati in difficoltà economiche in circa 50.000), dopo la separazione, andrà ad ingrossare la fila di quelli che i mass-media definiscono i nuovi poveri, con tutti i problemi personali conseguenti, non ultimo un probabile stato depressivo.
Talché molte amministrazioni pubbliche si stanno organizzando per rinvenire alloggi a prezzi ridotti o altre provvidenze mirate a questa categoria.

LA DONNA SEPARATA: SINGLE A LUNGO

In genere la donna esce dallo scontro dalla separazione “a testa alta” almeno dal punto di vista dei provvedimenti giudiziari a lei favorevoli. In realtà non è così.
O meglio, sicuramente la moglie dalla separazione ottiene risultati tangibili preclusi all’uomo.
Infatti, innanzitutto, fermo restando l’affidamento condiviso (custodia morale comune dei figli), ottiene il collocamento degli stessi, cioè il diritto di farli vivere con sé.
In secondo luogo ottiene, quale genitore collocatario, l’assegnazione della casa coniugale, cioè il diritto di abitarla gratuitamente, anche se questa è intestata o cointestata al marito; e con i costi delle abitazioni in Italia, si tratta di un vantaggio economicamente molto rilevante.
Infine ottiene il diritto a percepire un assegno, ed eventuali accessori, per la partecipazione al mantenimento per i figli e ove non abbia, o non possa procurarsi adeguati redditi propri, che le consentano un tenore di vita analogo a quello al quale avrebbe avuto diritto, l’ex moglie ha diritto ad un assegno per sé.
Nei rapporti di convivenza, il Tribunale dei Minori utilizza gli stessi parametri, anche se, mancando il rapporto coniugale, la moglie non ha diritto al mantenimento per sé stessa, ma per il resto le situazioni sono parificate.
Tuttavia proprio quello che apparentemente costituisce un vantaggio, l’avere con sé i figli con conseguente diritto alla casa ed al mantenimento), rappresenta anche un limite rilevante, non solo impegnandola al 100% nella cura della prole, ma anche limitandola nella possibilità di crearsi un nuovo menage ed una nuova famiglia.
Come si è visto, sotto tale profilo, a differenza degli uomini, che non hanno alcuno stimolo in tal senso, in genere la donna, dopo la crisi derivante dal fallimento dell’unione, cerca in modo naturale di crearsi una famiglia, sperando di incontrare un partner serio ed affidabile.
Tuttavia l’errore in cui spesso incorrono le donne è quello di immaginare che, fuori dal matrimonio, la situazione sia rimasta la stessa da loro conosciuta da giovani, vale a dire un certo numeri di pretendenti, tra cui scegliere, possibilmente il migliore.
Nella realtà la situazione è totalmente diversa, in quanto tutte le coppie si sono formate, in vista di un rapporto definitivo, tra i 23 ed i 30 anni, ed i matrimoni (ma anche le convivenze stabili), vengono contratti (fonti Istat) intorno i 30 anni.
Le separazioni dei coniugi avvengono, viceversa, dopo oltre dieci anni di matrimonio (secondo l’Istat la durata media dei matrimoni che termina con una separazione è di 13 anni), anche se in questi ultimi anni si assiste al fallimento dell’unione anche in età superiore ai 50 anni.
La realtà è che una donna separata, troverà innumerevoli potenziali compagni per un rapporto libero e senza vincoli, ma pochissimi disponibili per la ricostituzione della famiglia.

Infatti, escludendo coloro che in età non più giovanile non hanno ancora instaurato relazioni, evidentemente per seri problemi personali, caratteriali o relazionali, gli unici uomini liberi sul “mercato” apparentemente e potenzialmente di interesse per una donna desiderosa di ricrearsi una famiglia sono quelli provenienti da altre separazioni.
Tuttavia costoro sono proprio gli ex compagni scartati da altre donne (non si dimentichi che quasi sempre è la donna che impone la separazione) per inaffidabilità, scarsa fedeltà, aggressività, mancanza di volontà lavorativa, incapacità di amministrare il danaro, mancanza di collaborazione ed assistenza, ecc.
Dunque le separate finiscono per operare la ricerca su un campione maschile già collaudato, ma ampiamente già scartato da altre donne, e cioè pieno di problematiche e ben scarsamente affidabile.
Va anche ricordato che, se da un lato le donne separate tendono naturalmente a ricrearsi una famiglia, dall’altro come detto, gli uomini separati non sentono affatto tale esigenza, ed anzi sono particolarmente spaventati dall’idea di ricadere nello stesso precedente errore, con conseguenze catastrofiche, derivanti dal matrimonio o dalla convivenza fallita.
A questo va aggiunto che le donne separate con figli, incontrano estrema difficoltà nel porre in essere incontri prodromici ad una eventuale relazione duratura, anche solo per problemi logistici, come quelli relativi alla sistemazione dei figli, trovando qualcuno che si prenda cura di loro, nei pochi momenti, tra casa e lavoro, destinati allo svago.
Tutto ciò senza contare poi i problemi di compatibilità tra i propri figli e l’eventuale nuovo compagno.
Infine bisogna considerare, come si è accennato che, a differenza degli uomini, le donne operano la loro scelta su un margine di età ridotto, escludendo tutti i soggetti troppo giovani e quindi non tali da ispirare adeguata protezione.
Né d’altra parte, maggior successo, almeno esaminando le statistiche, arride ai tentativi di trovare il proprio compagno tra gli uomini felicemente sposati, (colonna gialla), laddove costoro, pur spesso disponibili ad un rapporto fisico, non sono affatto disponibili a mettere a repentaglio una famiglia già costituita, proprio per le caratteristiche di affidabilità che ha permesso al matrimonio di sopravvivere.
Neanche va sottaciuto che le donne in genere, nella ricerca di un partner, sono molto più esigenti degli uomini e meno inclini ai compromessi.
Sotto un profilo di evoluzione della specie, la donna in realtà, è enormemente più esigente dell’uomo, nel ricercare e scegliere un partner che lei ritenga affidabile.
Ciò, secondo coloro che si rifanno ad una programmazione naturale della specie, in quanto alla donna spetta il compito di allevare la prole, e dunque questa ha bisogno di garanzie precise e sostanziose, e cioè ricerca un uomo che possa provvedere alla sua protezione ed ai suoi bisogni, in sostanza un uomo affidabile, provvisto di adeguata capacità, creatività, intelligenza, disponibilità, ecc.
Di contro il problema non si pone per l’uomo, in quanto egli non sente la necessità di essere protetto da alcuno, né di creare una famiglia, e quindi sostanzialmente si “accontenta” di una donna piacente, in buona salute e disponibile, caratteristiche possedute dalla maggioranza, non chiedendo e pretendendo caratteristiche diverse.
Questa difficoltà nella ricerca di un partner dopo la crisi del rapporto, trova piena conferma nei dati statistici, laddove nell’ambito delle donne separate, solo il 30% circa riesce ad instaurare una storia sentimentale sufficientemente stabile e soltanto il 10% circa passa rapidamente ad un nuovo matrimonio, per il quale comunque, in caso di rapporto coniugale, bisogna comunque attendere i tempi per la successiva pronuncia divorzile.
Ovviamente la percentuale di donne che instaurano in una nuova unione (convivenza o matrimonio) dopo la separazione o lo scioglimento del primo matrimonio, dipende da molte variabili, tra cui in particolare, la storia precedente, l’età della separazione, ecc.
Come è facilmente ipotizzabile, le donne che si separano in età giovanile, sono quelle che in maggior proporzione, iniziano una nuova vita di coppia, mentre le donne che si separano in età avanzata, più difficilmente entrano in una seconda unione.
Va detto che questo non significa affatto, nella realtà, che le donne separate non intrattengano relazioni, anzi è esattamente l’opposto, laddove quasi tutte instaurano rapporti sentimentali.
Il fatto è però che il nuovo accompagnatore viene considerato per lo più come una soluzione di ripiego o di compromesso, utile e piacevole, oltre per qualche uscita, ma nulla di più.
Nei paesi anglosassoni viene denominato il compagno dei week end.
D’altra parte è nota la battuta dei vari film americani, secondo la quale è più facile che una donna separata quarantenne muoia in un attentato terroristico piuttosto che trovi marito.
Si tratta insomma di relazioni, in assenza della stima che costituisce la base ed il presupposto di un rapporto sentimentale serio, stabile e duraturo, che costituiscono sempre soluzioni di compromesso, caratterizzate dalla precarietà e dalla temporaneità.
Basti pensare che secondo i dati Istat, a distanza di 15 anni dalla separazione, ben il 70% delle donne è single al nord, arrivando all’85% al sud Italia, salvo, come si ripete, storie di diversa durata.

IL FALLIMENTO DELL’UNIONE DAL PUNTO DI VISTA DI LEI

Non vi è dubbio che il termine di una storia sentimentale viene vissuto in maniera molto più traumatica dalla donna rispetto all’uomo.
Ciò deriva dal fatto che la maggior parte degli uomini (statisticamente l’80% circa) attribuisce al lavoro importanza preponderante della loro vita, mentre la stessa percentuale delle donne ritiene la famiglia come una priorità assoluta.
Per ciascuna donna, la serenità familiare, il sentirsi protetta dal proprio compagno, ed in sostanza il sentirsi amata, costituisce un presupposto essenziale della propria vita.
Per inciso statisticamente le persone che si sentono amate presentano una durata di vita più lunga ed uno stato di salute migliore.
Le persone sposate e senza crisi coniugali in effetti, presentano tassi di mortalità più bassi rispetto ai single, ai soggetti separati o divorziati.
Questo succede perché di norma il rapporto matrimoniale oppure di convivenza stabile, comporta una maggiore sicurezza emotiva, contestuale alla tranquillità della vita in comune e sotto lo stesso tetto, allungando le aspettative di vita.
Anche se, a fronte delle statistiche, circola la battuta, per cui chi è sposato vive certamente più a lungo dei single, ma gli sposati hanno certamente più voglia di morire. 
A parte le battute è un dato oggettivo che, sotto qualunque latitudine, la tranquillità emotiva, la sicurezza di avere un compagno vicino, la tranquillità del fatto che ufficialmente il proprio compagno è fuori del mercato delle storie sentimentali, comporta una media di sopravvivenza di circa dieci anni maggiore rispetto agli uomini e le donne che invece hanno storie sentimentali travagliate o comunque instabili.
La rilevante differenza che nella mente della donna, rispetto la mente dell’uomo, riveste la famiglia, porta come conseguenza immediata, in caso di cessazione della storia sentimentale, che la donna viva il fallimento dell’unione dunque in maniera molto più traumatica rispetto l’uomo.
Non c’è separazione in Tribunale che non comporti uno strascico di depressione, incontri con lo psicologo e conseguenze anche sul piano pratico.
Se la donna è insoddisfatta delle proprie relazioni sentimentali, spesso non riesce a concentrarsi sul lavoro, mentre per l’uomo in genere accade l’inverso, e cioè allorché egli non si realizza nel lavoro, non riesce a concentrarsi sulle relazioni sentimentali.
Tale atteggiamento diverso dalle donne rispetto agli uomini, emerge facilmente anche dal comportamento, laddove per esempio gli argomenti di discussione tra donne, riguardano sempre le storie sentimentali, i rapporti con il proprio compagno o coniuge, le vicende extraconiugali ed i problemi della propria famiglia e simili, mentre nei rapporti tra uomini, gli argomenti di colloquio riguardano il lavoro, sport, vacanze, ma ben difficilmente un uomo andrà a confidarsi con un altro suo simile di problemi che egli considera assolutamente personali e facenti parte della sua privacy.
La sicurezza di un rapporto monogamo nella donna, acquista un valore estremamente rilevante, laddove il matrimonio o almeno un rapporto di convivenza stabile, consiste nella mente della donna, in una notifica erga onmes, da un lato dell’indisponibilità del proprio compagno e dall’altro del fatto che questi la considera unica.
Se si esaminano i libri di psicologia, si evince come la sensazione di essere amata e speciale per il proprio compagno, ha un effetto rilevantissimo nella psiche e nell’azione chimica del cervello femminile, in quanto la tranquillità e la sicurezza del rapporto di coppia è un presupposto essenziale ed inderogabile per la serenità della vita di qualsiasi donna.
Per questi motivi, come si accennava, allorché il rapporto sentimentale termina, l’evento viene vissuto, in genere, in modo molto più traumatico da parte della donna rispetto all’uomo.
Scattano meccanismi di caduta dell’autostima, la sensazione del fallimento di tutta la propria vita. Se l’artefice dell’interruzione del rapporto è la donna, la scelta è sempre dolorosa, tuttavia diviene insopportabile allorché viceversa l’unione decade, per scelta dell’uomo che lascia la propria compagna, magari dopo molti anni dall’inizio dell’unione.
Sotto questo profilo (l’uomo che si allontana), si assiste statisticamente ad uno spostamento in avanti dell’età della crisi di coppia, correlato all’aumento della vita media e ad un netto miglioramento dello stato di salute di entrambi i sessi.
Sta diventando estremamente frequente, nelle aule di giustizia assistere a separazioni di soggetti non solo ultra cinquantenni ma anche in età molto più avanzata. 
Ciò si verifica anche a causa dell’effetto cosiddetto “domino”, vale a dire, più coppie si separano, più donne separate vanno ad insidiare i compagni delle coppie stabili.
Fenomeno a cui va aggiunto, come ben sanno gli operatori del diritto di famiglia, quello delle giovani donne straniere ch, provenienti da realtà di indigenza e povertà, non nutrono alcuno scrupolo morale nel cercare compagni economicamente stabili tra le altre coppie.
La reazione all’abbandono, soprattutto quando giunge inaspettato, può quindi essere estremamente traumatica, creando confusione e sgomento nella donna.
L’idea di rimanere sola dopo moltissimi anni di rapporto coniugale, mancando improvvisamente la persona che comunque costituiva un riferimento ed una protezione, fa mancare il terreno sotto i piedi, creando una serie di reazioni che oscillano dal cercare ossessivamente di comprendere le motivazioni del fallimento dell’unione, all’odio, alla nausea, all’idea irreale di riconquistare il compagno, e simili.
Dallo stato di insoddisfazione e di rabbia, nascono comportamenti anche contraddittori, interviene l’amor proprio, la paura di rimanere sole, non infrequentemente la colpevolizzazione, la caduta della valutazione di sé stessa, la considerazione che si è solo capace di attirare persone sbagliate, il rifiuto di qualunque rapporto futuro con gli uomini, o viceversa all’opposto, la ricerca di continue relazioni superficiali, una dopo l’altra.
Accanto a tali reazioni, possono sopravvenire depressione, angoscia, ansia, rabbia disturbi neurovegetativi e simili.
Invero, l’aumento delle separazioni e dei divorzi ha aumentato a dismisura la clientela degli psicologi e psicoterapeuti, necessitando la donna, dotata di una notevole sensibilità, a differenza dell’uomo, per la crisi del rapporto sentimentale, dell’aiuto di un professionista esterno per superare il momento difficile.
In realtà, dopo un lasso di tempo non particolarmente lungo, ci si abitua anche alla nuova situazione fuoriuscendo dallo stato di malessere in cui ci si trovava a seguito del fallimento del rapporto sentimentale.
Va comunque detto, che anche se il fallimento dell’unione è pericoloso sia per gli uomini che per le donne, creando anche problemi di squilibrio psicologico, tuttavia sussiste per le donne anche problematiche che prima erano poco frequenti, come i disturbi cardiaci.
Infatti il sostenere che dal fallimento dell’unione soffre il cuore, corrisponde alla realtà psicofisica, laddove l’Università del Texas su un campione di 9.500 persone, ha stabilito che a 60 anni, 1/3 delle donne separate ha problemi vascolari, contro poco più del 20% delle donne con una vita coniugale tranquilla, disturbi che nascono infrequentemente da una somatizzazione dell’ansia.
Va detto ad onor del vero, che anche gli uomini separati hanno problematiche fisiche più rilevanti di quelli con una vita di coppia serena, tuttavia per costoro ai problemi sentimentali si aggiungono quelli materiali, la mancanza di reddito, le difficoltà economiche e di sopravvivenza.

LE REAZIONI AL FALLIMENTO DELL’UNIONE – LE PROBABILITA’ DI UN NUOVO MATRIMONIO

PARTE 3.a