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  • Trash TV italiana, Rosetta VATTENE per favore !!!

    laibach 5149 giorni fa

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    Qualcuno mi può spiegare perchè ha tanto successo la vecchietta Rosetta (di Uomini e Donne - Maria de Filippi) ?!

    La trovo estremamente volgare e per niente divertente!!! Con le sue ripetute parolacce è un vergognoso esempio per i bambini e mi stupisco a vedere la De Filippi cosi divertita.

    Perchè le sue parolacce non vengono censurate con un bel BIIIP come fanno con tutti gli altri?

    Sembra che al pubblico piaccia, però a me questa signora fa pena, e ancor di più quelli che la vedono divertente e spontanea...

     

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  • Nasce il contraccettivo maschile a base di ultrasuoni

    banana trentatre 3156 giorni fa

    Dopo la cura della cellulite, cura della disfunzione erettile e la costruzione di lavatrici nasce il contracettivo a base di ultrasuoni.

    contraccettivo a ultrasuoni

    Lo studio made in USA è stato finanziato da Bill & Melinda Gates Foundation per 100.000 dollari. I ricercatori puntano ad arrestare per circa 6 mesi la produzione di spermatozoi.

    "Il nostro obiettivo a lungo termine è quello di utilizzare gli ultrasuoni prodotti dagli strumenti terapeutici che si trovano comunemente in medicina dello sport o nelle cliniche riabilitative per la realizzazione di un contraccettivo maschile poco costoso e reversibile, adatto all'impiego nei paesi in via di sviluppo, ma anche nel mondo occidentale" - ha spiegato Tsuruta alla Bbc

    Secondo quanto emerso dagli studi gli ultrasuoni hanno il potere di inibire la produzione di nuovi spermatozoi, rendendo l'uomo temporaneamente sterile. Dopo sei mesi la produzione di spermatozoi torna progressivamente alla normalità.

    testicoli, ultrasuoni

    Ma voi vi fareste bombardare i testicoli con gli ultrasuoni?

     

  • Crop Circles, questi sconosciuti

    laibach 5143 giorni fa

     I cerchi nel grano, come tutti già sanno grazie a Giacobbo, sono disegni creati su i campi di cereali, di grano o altre coltivazioni simili, in cui le piante appaiono schiacciate in modo uniforme, formando varie figure geometriche, anche complicate (definite "pittogrammi") ben visibili dall'alto.
    A seguito del numero crescente di apparizioni di queste figure (soprattutto in Inghilterra) a partire dalla fine degli anni settanta del XX secolo, il fenomeno dei crop circles è diventato oggetto d'indagine per determinare la genesi di queste figure. Principalmente due, sono le ipotesi formulate per spiegare la creazione di tali figure:

    1) quella naturale (ovvero che si tratti di figure create dall'uomo, principalmente come burla o manifestazione artistica)
    2) quella paranormale o ufologica.

    Col passare degli anni, dai primi pochi cerchi nelle campagne inglesi, il fenomeno si è diffuso in tutto il mondo, anche in Italia. Ad oggi, migliaia di campi di grano hanno ospitato cerchi e figure sempre più complesse.

     

    Voi che ne pensate: si tratta di una burla, o di notte vengono realmente a trovarci gli alieni e non hanno niente di meglio da fare che sbizzarirsi sui campi di grano???

    Parliamone sul nostro social network

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  • Tremonti, La crisi: c'è, non c'è, c'è, non c'è, c'è, non c'è, c'è....

    banana trentatre 5140 giorni fa

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    Giulio Tremonti è considerato da molti, assieme a san Malachia e Nostradamus come uno tra i più famosi ed importanti scrittori di profezie della storia. È famoso principalmente per le sue dichiarazioni relative alla crisi economico-finanziaria Italiana, eccone alcune in ordine cronologico:

     

    "Per l'Italia rischi restano contenuti" 02 ottobre 2008

    "Crisi, La paura è finita" 19/4/2009

    "Crisi, quando finirà l’Italia conterà molto di più" – 4 giugno 2009

    "Crisi alla fine ma niente età dell'oro" 28 settembre 2009

    "Crisi pesa, ma Italia meglio della media Ue" 24 MARZO 2010

    "Crisi, il rischio non è finito" 9/4/2010

    "Crisi non è finita, ci siamo ancora dentro" 22 aprile 2010

    "In Italia la crisi è finita" 25 aprile 2010

    "Tremonti: crisi seria ma l’Italia è vaccinata" 06/05/2010

    "La crisi è peggiore di quello che si pensa" 21 mag 2010

  • Raccontini

    Sergio Neddi 5132 giorni fa

    IL DIROTTATORE


    Arturo era calmo e non si aspettava l'avventura che lo avrebbe coinvolto da lì a poco: erano anni che prestava servizio su quella linea ed aveva sempre avuto il controllo della situazione, nonostante tutte le intemperie. Anche stavolta era lui ai comandi del mostro d'acciaio. Sapeva che se la sarebbe cavata benissimo, come al solito.
    Giacomo era un passeggero estremamente annoiato, od almeno così sembrava: leggeva il giornale gettando ogni tanto un'occhiata distratta al paesaggio che scorreva all'esterno del finestrino.
    Tutto sommato normale, direte voi. E invece no! Ad un tratto Giacomo si alzò: un mitra era apparso quasi per incanto tra le sue mani. Qualcuno fece per urlare. "Silenzio!" intimò il dirottatore e si diresse verso la cabina. Impegnato ai comandi, Arturo non s'era accorto di nulla, ed il freddo della canna alla tempia lo colse di sorpresa. "Dirotta al più vicino aeroporto!"
    Arturo pensò potesse trattarsi di uno scherzo, ma l'arma faceva poca voglia di mettersi a ridere. Decise di ubbidire e di dirigersi verso l'aeroporto più prossimo. "Ci arriveremo in una quindicina di minuti", avvertì.
    Si lasciò così travolgere dai pensieri: eh, già, aveva sentito di parecchi piloti alle prese con i dirottatori, ciononostante non avrebbe mai pensato che una sorte simile sarebbe toccata pure a lui. In tante ore di servizio gli era capitato di aver a che fare con i temporali e con le loro turbolenze, i fulmini, i problemi del gelo, ecc. ma i dirottatori proprio non li aveva mai considerati (neanche quando pioveva a... dirotto): ed ora ne aveva lì accanto uno. Che fare?
    "Mi raccomando, non fare scherzi!" Queste parole lo scossero dai suoi pensieri. Già, che scherzi poteva fare? Non aveva la possibilità di chiamare aiuto via radio od altro: poteva solamente ubbidire. A meno che...
    L'idea che gli balenò era rischiosa, ma decise di tentare ugualmente: una rapida manovra con i comandi ed il grosso pachiderma ebbe un sussulto. Ciò bastò perché il dirottatore, preso di sorpresa, perdesse l'equilibrio e cadesse a terra.
    Arturo ne approfittò per abbandonare i comandi e saltargli addosso. Con un calcio ben assestato allontanò l'arma caduta a terra ed i due cominciarono a darsele di santa ragione.
    Ad un certo punto si udì uno schianto, il sobbalzo fece cadere i passeggeri dai sedili, ci furono scene di panico. Poi più nulla.
    Arturo riprese il controllo di se stesso e cominciò a ricomporsi la divisa: ormai il dirottatore era stato fermato dai passeggeri, bastava avvisare la polizia. Spense il motore e scese a valutare i danni: poco male, quel tronco di quercia aveva solo preso di striscio la fiancata, bloccando però il veicolo. Ciò impedì un incidente ben più grave.
    Arturo continuò a ripensare all'accaduto: che strano, dirottare un autobus di linea... boh!

     

    LE GUERRE PUBICHE

    Anno 1971. La professoressa di storia la chiamavamo semplicemente prof ed il professore di matematica professò. Non gradivano ma nemmeno dava loro fastidio. Invece il bidello s’incavolava a morte se lo chiamavamo bidè. Comunque sia quel giorno me ne stavo mezzo stravaccato sul banco con l’aria sicuramente annoiata mentre entrava nell’aula la prof. Mi ricomposi subito, cercando di assumere un’aria più idonea, qualcosa che almeno assomigliasse a quella di uno studente, ma era dura. La prof era sui 25 anni, al suo primo anno d’insegnamento. Piccolina e rotonda, camminava invece di rotolare in quanto un paio di stivali che immagino non togliesse mai le davano la rigidità necessaria a mantenersi in posizione eretta. Una volta entrata si posizionò davanti alla cattedra. Il brusio della classe cessò di colpo. Un aeroplanino di carta ritardatario finì il suo volo spiaccicandosi sul muro in fondo all’aula, per poi ricadere a terra.
    Facendo finta di niente la prof si girò con il suo caratteristico scricchiolio di tacchi alti almeno 12 cm. Si avvicinò alla lavagna, una tavola di ardesia larga almeno 2 metri ed alta un metro e 10 appesa al muro con due grossi ganci. Spingendosi in alto, tanto da sembrare dover spiccare il volo, tutta tesa e protesa verso l’alto riuscì a scrivere, nella parte inferiore della lavagna, appena sopra il legno della cornice, la scritta in maiuscolo:

    I ROMANI NEL VENETO

    Mentre sottolineava la scritta il gesso si spezzò. Una parte cadde a terra, l’altra continuò la sua corsa sulla lavagna, completando la sottolineatura ed emettendo il caratteristico rumore che fece schizzare su ed impietrire tutti gli studenti. Al termine della  sottolineatura probabilmente era rimasta sulla lavagna oltre alla traccia bianca del gesso anche una mezza unghia della prof, che a questo punto si girò verso di noi, con la sua faccia tonda come il corpo, ma si distingueva da quest’ultimo per la mancanza di stivali. Sorrideva.
    “Oggi continuiamo la lezione precedente sui romani e proseguiamo con la venuta dei romani nel Veneto, anzi, prima di continuare sarà il caso che facciamo qualche interrogazione in maniera che possiamo vedere se avete capito.”
    “Continuiamo, proseguiamo, facciamo, possiamo vedere – ripetevo tra me e me – altro che plurale maiestatis, sarebbe meglio il singolare poveratis.”
    Avevo ancora il brivido del gesso che correva lungo la schiena e se ne stava aggiungendo un altro, quello premonitore dell’interrogazione. Cominciavo a pensare che il “poveratis” sarei stato io se fossi stato interrogato.
    Mentre la prof si guardava attorno alla ricerca della classica faccia da interrogazione io cercavo di tenere la mia testa allineata a quella del ragazzo del banco davanti al mio, in modo da sparire agli occhi della prof. Speranza vana: all’improvviso il ragazzo starnutì e mentre si abbassava a prendere il fazzoletto mi lasciò scoperto, proprio mentre la prof si girava istintivamente nella direzione dello starnuto, cioè nella mia! Lo sapevo, avevo la scritta “interrogami” stampata in faccia, e per ironia della sorte l’agitazione mi aveva mandato il sangue alla testa, per cui la scritta appariva pure in rosso lampeggiante al ritmo delle mie pulsazioni cardiache.
    “Ah, ecco, giusto, interroghiamo Neddi.”
    Per un microsecondo sperai che ci fossero almeno venti miei omonimi nell’aula, ma subito dopo realizzai che non ce n’era uno nemmeno in tutt’Italia, figurati nell’aula, per cui toccava per forza a me.
    Mi trascinai in piedi, ormai sconsolato e rassegnato, e mi avvicinai alla “zona interrogazione”, cioè presi posto davanti alla lavagna.
    “La volta scorsa abbiamo visto che nel secondo secolo avanti Cristo…”
    Non l’ascoltavo, ero troppo occupato a tentare di mimetizzarmi tra lo sciame di formiche che usciva da una crepa nel muro.
    “…nel secondo secolo, dicevo” - e qui una pausa, poi riprese calcando bene le parole. Sulla mia faccia probabilmente era apparsa anche la scritta “help”, lampeggiante pure essa.
    “…nel secondo secolo c’erano le guerre puniche… mi sai dire qualcosa delle guerre puniche?”
    Io non sapevo nulla nemmeno delle guerre pudiche, quelle che facevano tutti nudi con la foglia di fico Adamo ed Eva, figuriamoci delle guerre puniche! In ogni caso con la mente ero lontano mille miglia dall’argomento trattato e sicuramente nemmeno queste mille miglia saranno state miglia romane. Visto che il mimetismo con le formiche non era riuscito cercai un altro stratagemma per cavarmela, ma non riuscii a pensare a nulla. Poi, improvvisamente, il segno di sottolineatura scritto dalla prof alla lavagna mi dette un’idea. Presi un gessetto e mi abbassai con la schiena (per fortuna ero giovane, ora mi avrebbe fatto male) fino alla parte inferiore della lavagna e continuai la linea della sottolineatura, ispessendola ed allungandola verso l’alto in modo da portarla verso il centro della lavagna e farne una strada romana, con tanto di basolato.
    “Al termine delle guerre puniche - esordii – e precisamente nel 148 a.C….”
    Feci una breve pausa in modo da assicurarmi l’ascolto della prof ed inoltre da rendermi conto di essere proprio io a parlare, fino ad un attimo prima non ci avrei creduto. Continuai orgogliosamente:
    “…in Veneto arrivò la via Costumia!”
    “See… la via dei costumi di carnevale!” rise una voce in fondo all’aula.
    Rise anche la prof, che mi rimandò al posto con un insperato 6 (sia pure meno meno) visto che, disse, evidentemente non aveva ben spiegato le guerre puniche e la via Postumia (“e non Costumia”, rimarcò) la doveva ancora spiegare.

     

    IL SEGNALE

    Alfonso non era un generale ma si trovava ugualmente dietro la collina. Non era la prima volta che doveva usare un fucile, ma questa volta sapeva che sarebbe stato differente.
    Da bravo cacciatore di solito utilizzava l'arma per abbattere qualche capo di selvaggina: era stata infatti la passione per la caccia che anni addietro gli aveva messo l'arma in mano.
    Questa volta però era diverso. Sapeva che doveva sparare ad un preciso segnale, che gli doveva giungere all'ora prestabilita. Inspirò profondamente e scrutò il cielo limpido di agosto.
    Consultò l'orologio: mancava ormai veramente poco alle 08.30, l'ora X. Cominciò a pensare: cosa sarebbe successo se il sofisticato marchingegno non avesse ricevuto il segnale come stabilito? Dapprima ebbe un impulso di rifiuto, ma poi i suoi pensieri cominciarono a mettere a fuoco la situazione. Suo fratello sicuramente non avrebbe avuto futuro se avesse fallito. Le sue mani iniziarono a tremare leggermente, poi più intensamente. Aggrottò le sopracciglia, inspirò profondamente e riprese il controllo di se stesso. Imbracciò il fucile che teneva a tracolla, tolse la sicura e puntò l'arma verso il cielo, come alla ricerca di un nemico invisibile. Poi, senza spostare l'arma, girò la testa verso quella scatola che ormai non sapeva se odiare oppure amare. Da lei doveva scaturire un segnale che poteva cambiare il futuro non solo di suo fratello, ma dell'intera umanità. Mancavano ormai pochi secondi. Iniziò mentalmente un conto alla rovescia... 10... 9... 8... - Dio non ce la faccio! - 7... 6... - Devi farcela! - si disse 5... 4... Ormai il sudore gli colava davanti al viso, non sapeva se ciò fosse dovuto al sole di agosto oppure all'emozione del momento, ma ormai importava poco. 3... 2... 1... un istante di pausa... niente! Pochi attimi di ansia, mille pensieri concentrati in un batter di ciglia, lampi di luce e figure nella mente... forse aveva sbagliato a contare, forse l'esperimento era fallito. Tremò a quest'ultimo pensiero ed alle sue terribili conseguenze. Rifece il conto alla rovescia. 5... 4... 3... 2... 1... ze... Tre colpi secchi lo fecero sussultare. Era il segnale! Rimase un secondo a fissare come inebetito la grossa scatola di legno che aveva emesso quei tre colpi, come a voler sincerarsi che provenissero effettivamente da lì. Poi si riprese. Ora toccava a lui. Riprese fiato e poi, con apparente calma, senza prendere nemmeno la mira, sparò.
    Il rumore della deflagrazione si spanse tutt'intorno per qualche chilometro. Stormi d'uccelli s'innalzarono in volo spaventati in uno spolverio di piume, qualche timida lepre s'infilò precipitosamente nella tana, poi, una volta spenta l'eco dello sparo, un silenzio irreale piombò tra le colline bolognesi.
    "Vittoria!" Alfonso sapeva che suo fratello Guglielmo sarebbe stato fiero di lui. Era certo che a 2400 metri di distanza, dall'altra parte della collina dei Celestini e precisamente dalla finestra del suo laboratorio a Villa Griffone di Pontecchio, Guglielmo aveva sentito lo sparo e probabilmente stava esultando. Il colpo di fucile sparato in aria era la risposta all'insolito segnale. Forse in quel momento nessuno dei due si rese conto della portata di ciò che avevano fatto, in quel lontano 1895: ma i fratelli Alfonso e Guglielmo Marconi ne sarebbero per sempre stati orgogliosi. Quel segnale, i tre colpi che rappresentano la lettera "S" in alfabeto  Morse,  erano in realtà un segnale radio: si trattava della prima trasmissione del telegrafo senza fili.

     

    PIANETA TERRA

    C'era una volta il pianeta Terra. Ora non c'è più.
    In quel tempo la tecnologia aveva avuto un incremento notevole rispetto alle epoche precedenti e ciò aveva rivoluzionato il modo di combattere. Ormai da tempo le guerre si combattevano a tavolino, come fare una partita a scacchi. Ogni mossa studiata dal proprio quartier generale si rifletteva istantaneamente a tutte le unità controllate dalla nazione. La guerra fredda era solamente un triste e lontano ricordo, ma le nazioni continuavano in maniera sommersa lo sviluppo ed il test delle proprie tecnologie. L'atollo di Oigres era una delle unità di difesa/attacco nucleare disseminate nell'Oceano Atlantico durante la corsa agli armamenti. Concepita durante gli anni più bui della guerra fredda, aveva in dotazione decine di missili a testata nucleare con una gittata intercontinentale. Tutte le attrezzature della base erano state rinnovate più volte nel corso degli anni e quindi la base stessa era quanto di più avanzato ci potesse essere a livello tecnologico, anche se era già passato qualche anno dall’ultimo aggiornamento della struttura.
    Non aveva un nome ma solo una sigla: MDF576 ed era un chip intelligente che lavorava con centinaia di altri suoi simili nelle schede del grosso elaboratore della base di Oigres. Il suo lavoro era semplice: doveva bloccarsi all'arrivo di un impulso negativo. Essendo un controller intelligente sapeva quanto era importante la sua funzione: l'elaboratore era infatti collegato ai dispositivi di lancio dei missili nucleari e quindi guai se non avesse svolto nel migliore dei modi il suo delicato compito. Il chip svolgeva da anni quel lavoro, non si lamentava mai, d'altronde era tenuto in un ambiente a temperatura controllata: riscaldato d'inverno e rinfrescato d'estate. Che dire poi dell'alimentazione? Era stabilizzata con precisione. Chi stava meglio di lui? Quell'estate però aveva fatto un caldo inusuale e purtroppo la ventola di raffreddamento con il passare degli anni aveva cominciato e divenire inefficiente, rumorosa, ed a perdere giri. Fu così che proprio in una delle giornate più torride di agosto si fermò. Il chip MDF576 cominciò a patire il caldo come non aveva mai sofferto nei vari anni di servizio. E surriscaldandosi si accorse che stava avvicinandosi alla temperatura di fusione del silicio, il semiconduttore di cui era costituito. Si rese conto che stava morendo. Le forze gli venivano sempre meno e proprio in questo frangente arrivò un impulso negativo. Riuscì a malapena a bloccarlo, ma subito dopo ne arrivò un altro e poi un altro ancora. Ormai stremato il chip riuscì a bloccare il secondo impulso, ma non il terzo. Mentre moriva con la fusione del suo cuore di silicio, vide con orrore l'impulso diramarsi per le miriadi di fili, attraversare varie schede e centinaia di chip, per poi giungere ai dispositivi di lancio che si attivarono in sequenza.
    C'era una volta il pianeta Terra. Ora non c'è più.

  • 'O Guerriero non ce l'ha fatta ...

    monica 5101 giorni fa

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    Pietro Taricone, l'attore 35enne,  precipitato nella tarda mattinata di lunedì dopo un lancio con il paracadute, non ce l'ha fatta, erano troppo gravi le lesioni riportate... I medici hanno cercato in tutti i modi di salvargli la vita con una lunghissima operazione. E' morto questa notte all'ospedale di Terni.

     

     

     

  • Nomi da barzelletta

    laibach 3086 giorni fa

    Se fossi al loro posto, cambierei nome all'anagrafe appena possibile 

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  • Le donne con il sedere grosso hanno meno memoria

    monica 3532 giorni fa

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    Secondo un'altra inutile ricerca americana, la forma del corpo (in particolare, del sedere)  di una donna ha un collegamento diretto con le sue capacità cognitive e di memoria in particolare.


    In specifico, le donne con il sedere “a mela” raggiungono risultati migliori nei test cognitivi rispetto a quelle con il sedere “a pera”.
    La spiegazione sarebbe che la quantità di grasso in eccesso avrebbe effetti negativi sulle capacità cerebrali delle donne.

     

     

  • Ricette piatti estivi e light

    monica 2508 giorni fa

    L'estate è bella che presente e quando fa caldo, cucinare è una vera scocciatura!
    Oggi vi presento una insalatina buonissima con rucola, gamberetti e melone.

    insalata con rucola, gamberetti e melone

    Per chi vuole provarla, vi allego la ricetta, facile e veloce:

    Ingredienti:
    250 g di gamberetti precotti, 100 g di rucola, 40 g di olio extravergine di oliva, 1/2 melone, 1 limone, sale, pepe

    Preparazione:
    Mettete i gamberetti in un colino in modo che perdano tutta l'acqua.
    Mondate l'insalata, lavatela e scolatela accuratamente.
    Eliminate i semi dal melone, tagliatelo a spicchi, levategli la buccia e tagliatelo a dadini.
    In un'insalatiera mescolate fra loro l'insalata, il melone e i gamberetti.
    In una ciotolina emulsionate l'olio extravergine di oliva, il sale e una macinata di pepe nero.
    Inumidite con il condimento l'insalata, mescolate delicatamente e servite subito.

     

    Segnalate le vostre ricette, sono sempre le benvenute!

  • BENI CULTURALI IN ROVINA NEL PAVESE

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    Vidigulfo (PV), la sciagurata demolizione della cascina Gandina.

    VIDIGULFO (PV), cascina Gandina. La sciagurata demolizione avvenuta nel 2009 di una tipica cascina lombarda che si presentava in buono stato conservativo. In foto la torre colombaia del Quattrocento appena prima dell'abbattimento, un particolare del portale settecentesco delle case coloniche e infine, la desolante imma...gine della spianata dopo la completata demolizione. L'atto di vandalismo perpetrato da speculatori e amministratori del territorio comunale è stato segnalato comunque alla Soprintendenza Architettonica.

    Mauro Manfrinato.

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    Vidigulfo (PV), la torre medievale della frazione Mandrino.

    VIDIGULFO (PV), fraz. Mandrino, centro abitato. Adiacente la strada principale della frazione un tempo comune a se stante sorge questa torre a pianta quadrata attribuibile ai sec. XIV-XV. Attaccato ad essa sul retro si addossa una piccola casa rinascimentale. La parte alta della torre è destinata a colombaia con fori triangolari e den...te di sega sporgente sottostante modanato, utilizzato come appoggio dei colombi, si notino tracce dell'intonaco originale. La torre e l'edificio addossato rinascimentale fanno parte di un complesso di cascina secentesca con corte quadrata. Le strutture sono di proprietà privata. La torre, come del resto tutta l'azienda agricola versano in stato di abbandono e grave degrado. L'edificio è stato segnalato alla Soprintendenza Architettonica.

    Mauro Manfrinato.

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    Vidigulfo (PV) un grande patrimonio latente e non studiato d'edilizia antica va in rovina.

     Articolo del quotidiano La Provincia Pavese del 7 ag. 2007, allo stato attuale (giu. 10) l'edificio trecentesco posto nel cetnro abitato con archi a sesto acuto di proprietà privata è ancora nel più totale abbandono, mentre la lunga casa che conservava la muratura perimetrale stilata d'epoca quattrocentesca è stata totalmente abbattuta. Ora è stata ricostruita con gli stessi volumi e, il rivestimento della facciata esterna è stato eseguito utilizzando gli antichi mattoni. Paradossale abbattere la storia materiale per ricostruire le fabbriche edilizie ex novo come l'antica. Discipline d'ignoranza, stoltezza e sopra ogni cosa speculazione, nel giardino dell'abbattuta casa stanno infatti sorgendo degli appartamenti.

    Mauro Manfrinato.

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    Marzano (PV) si abbatte l'antica cascina De Frati

    Articolo del quotidiano La Provincia Pavese del 21 giugno 2008. La cascina De Frati edificata sul finire del Cinquecento fu ampliata tra sei e Settecento. Le strutture delle stalle e delle case coloniche erano tutte recuperabili, un intervento conservativo le avrebbe senz'altro salvate e rese fruibili ricavandoci pregevoli abitazioni. Quasi tutto ora è stato abbattuto e ricostruito nel medesimo posto in stile simil antico.

    Mauro Manfrinato.

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    Vidigulfo (PV), viene distrutta totalmente una splendida cascina lombarda

     Articolo del quotidiano La Provincia Pavese del 5 novembre 2008. Un crimine, indubbiamente un crimine, la demolizione totale della cascina Gandina. Non rimane più nulla di essa, soltanto il ricordo e qualche sgualcita immagine; ma probabilmente a pochi importa. Tutte le strutture sei-settecentesche sono state abbattute, anche la torre di pianta lombarda del Quattrocento, (foto a destra, prima della sua imminente demolizione) uno scempio immane. Ora stanno sorgendo appartamenti in mezzo alla campagna; questo è quanto accade nel pavese.

    Mauro Manfrinato.

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    Castello di Landriano (PV), un edificio d'enorme valore storico-artistico nel più totale abbandono

    Vincolato dal 1956 il castello di Landriano ormai da nobile residenza di conti è diventato rifugio di topi e piccioni. Un edificio di notevole pregio archeologico, architettonico e artistico nel più totale abbandono. Il bene culturale è di proprietà privata e il medesimo proprietario non è interessato al mantenimento della struttura e la fa marcire nella più totale indifferenza. Mi chiedo a cosa possa servire un vincolo sull'immobile se poi non si fa nulla per cercar di mantenere il medesimo in uno stato di protezione restaurandolo. Il castello era adibito ad abitazioni in affitto sino ad una ventina d'anni fà, attualmente è inusufruito e gravemente pericolante in più parti. L'edificio fu costruito intorno al Mille, fu poi parzialmente distrutto e ovviamente modificato nei secoli numerose volte. La veste estetica attuale è quella di un poderoso palazzo signorile d'epoca settecentesca. All'interno conserva comunque numerosissimi affreschi della metà del Cinquecento e soffitti decorati dell'epoca medesima. I Taverna furono gli ultimi veri nobili possessori della residenza, questi comperarono nel Cinquecento la fabbrica architettonica dalla nobile famiglia Landriani che possedeva la costruzione sino dal Medioevo. I Taverna, ad ogni modo, apportarono abbellimenti e modifiche fino al primo decennio dell'Ottocento, poi il castello passò in più mani di privati che trascurarono la costruzione, regalandoci alla vista un edificio gravemente decadente. Non aggiungo altro, le immagini fanno il resto.

    Mauro Manfrinato.

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    Lardirago (PV), la secentesca cascina Pasquarolo nella più totale rovina image


    Pasquarolo è una tipica cascina lombarda secentesca a pianta quadrata con corte centrale molto ampia, tutti gli edifici come le stalle, le case coloniche e la casa padronale sono in sfacelo, abbandonati all'inesorabile opera distruttrice del tempo poichè l'ente proprietario (Collegio Ghislieri di Pavia) non è interessato al mantenimento dei suoi immobili. Tuttavia tutti i corpi di fabbrica benchè alcuni molto compromessi, con un attento sudio e restauro sarebbero recuperabili; oserei dire che un agriturismo in un luogo così racchiuso e calmo, a pochi passi dalla strada provinciale, potrebbe essere un positivo pretesto se servisse per salvar l'antica cascina dalla sua totale rovina.

    Mauro Manfrinato.

    Torre d'Arese (PV), il campanile della parrocchiale cade a pezzi.

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    La Parrocchiale fu edificata per volere della nobile famiglia degli Arese nel Seicento. Attualmente tutta la struttura necessiterebbe di interventi di restauro urgenti, ma come al solito mancano i soldi nell'ambito della conservazione dei Beni Culturali. Di recente dal cornicione del campanile si sono staccati grossi frammenti di intonaco in malta di calce originali, rovinando al suolo sulla pubblica via del paese; detto fatto è stato segnalato anche alla vicina stazione dei pompieri che sono tempestivamente accorsi per verificare. Tuttavia la via non è transennata e la struttura, in particolar modo la cella campanaria con apertura a bifore è in precario stato conservativo. Attualmente alcune campane non funzionan più nemmeno. Sarebbe duopo che parroco e sindaco, assieme a Curia e Soprintendenza attuino a tavolino un serio progetto di messa in sicurezza dello storico campanile, cercando di poter far partire un serio restauro della struttura.

    Torrevecchia Pia (PV), la cascina Guzzafame è in totale sfacelo

    Lungo la ex statale 412 della Val Tidone proseguendo in direzione di Landriano (PV), alla destra dell'antica roggia Bolognina si trova la cinque-secentesca cascina Guzzafame. L'attuale impianto edilizio superstite è composto nella corte da una casa padronale di Tardo Ottocento estremamente riattata di recente, alcuni capannoni prefabbricati, rimesse moderne e lungo la roggia una fila di abitazioni coloniche, inglobanti parte di mura perimetrali della casa padronale cinque-secentesca originaria. Questi ultimi edifici sono gli unici dell'azienda più degni di nota storico-artistica, purtoppo anche i più gravemente pericolanti. Si notano comunque ancora due stemmi cardinalizi settecenteschi sulla facciata sud del fabbricato dove è posto il cancello d'ingresso alla cascina e sul retro dell'abitazione medesima una cornice barocca in stucco datata 1619, nel cui centro era affrescata una sacra immagine ora totalmente deteriorata. L'ottanta per cento dei tetti delle costruzioni è già cascato all'interno distruggendo oltremodo i piani pavimentali superiori e indebolendo i lunghi perimetrali. Prima o poi anche di questo inesediamento rurale non rimarrà che uno sbiadito ricordo; peccato.

    Mauro Manfrinato.

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